Il Disturbo oppositivo-provocatorio (DOP) è una condizione clinica riscontrabile nei bambini che esibiscono livelli di rabbia persistente e inappropriata in base all’età, irritabilità, comportamenti provocatori verso l’adulto e oppositività, ai quali scaturiscono mal funzionamenti nella sfera personale e sociale.
Solitamente il DOP si manifesta intorno ai 6 anni, anche se spesso la diagnosi arriva in età preadolescenziale.
Si può diagnosticare il DOP in un bambino quando questi va spesso in collera, spesso litiga con gli adulti e sfida attivamente e si rifiuta di rispettare regole e richieste, quando spesso irrita in maniera volontaria le altre persone, quando spesso addebita le proprie responsabilità ad altri, negando le proprie, quando spesso è suscettibile, irritato dagli altri, rancoroso e rabbioso, dispettoso e vendicativo. Tale sintomatologia deve essere presente da almeno 6 mesi e deve causare una compromissione significativa del funzionamento sociale, scolastico, familiare.
Dagli ultimi dati divulgati dal Sispe (Sindacato italiano specialisti pediatri), nella figura del Presidente Teresa Mazzone, si evince come, a differenza di altre categorie cliniche che si possono riscontrare in età precoce (disturbi visivi, uditivi, del neurosviluppo) dove statisticamente non vi sono differenze significative nel corso degli anni, vi è un aumento esponenziale delle problematiche comportamentali, tra cui il DOP.
Questa condizione clinica appare essere facilmente osservabile negli studi pediatrici, anche se Mazzone invita a “differenziare le situazioni patologiche da quelle borderline ed ad apprendere quali siano le strategie di intervento e di comunicazione più efficaci da adottare con le famiglie”; grazie all’utilizzo di strumenti di screening progettati ad hoc e condivisi tra i professionisti, sarà possibile per il pediatra valutare i casi da inviare ad un consulto specialistico (psicologi psicoterapeuti, neuropsichiatri) e quelli dove è sufficiente un supporto (suggerimenti e consigli) comportamentale al bambino.
E’ possibile intervenire sul DOP con un intervento cognitivo-comportamentale, basato su un modello socio-cognitivo scientificamente fondato, dove si mettono a fuoco 2 processi differenti: da una parte le inabilità specifiche a livello cognitivo (deficit cognitivi), dall’altra le percezioni erronee e/o disfunzionali (distorsioni cognitive).
Il lavoro con un minore non può dirsi completo se privo del lavoro con i genitori, e se in età scolare con gli insegnanti, in quanto la sintomatologia è mantenuta dai circoli viziosi operanti dalle reazioni altrui, in primo luogo quelle delle figure di riferimento del bambino. Tale assunto non è facilmente compreso ed accettato dai genitori, soprattutto se sono presenti difficoltà comportamentali negli adulti in questione, che tendono a concentrare il problema e la sua soluzione sul bambino (“è lui il problema”) e non sulle interazioni che scorrono tra gli attori.
Altre ipotesi possono essere l’incapacità percepita nell’aiutare i propri figli o la totale presa di responsabilità della problematica in atto.
Dinanzi alla variabilità della risposta genitoriale, è necessario un lavoro condiviso e distribuito sull’intero sistema familiare, al fine di riconoscere e arrestare i circoli viziosi che mantengono il Disturbo.