Vittime di Narciso. La Sindrome da Abuso Narcisistico

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Non è insolito leggere di Disturbi di Personalità su libri, riviste, internet, servizi televisivi. Tali disturbi sono descritti come costellazioni di personalità ben delineate, che generalmente comportano conseguenze significative nella qualità di vita di chi ne soffre e nelle relazioni sociali che tali soggetti instaurano, e sono caratterizzate da quadri emotivi, comportamentali, cognitivi e relazionali tipici per ogni disturbo. Molta la ricerca scientifica, molta la letteratura al riguardo, al fine di pervenire a modelli di intervento efficienti ed efficaci.

Un esempio è dato dal Disturbo Narcisistico di personalità: tali soggetti si sentono superiori, esigono ammirazione e sono scarsamente empatici; credono che il loro valore sia altissimo, grandioso, che i loro bisogni siano antecedenti a quelli degli altri e, pertanto, autorizzati a pretendere, sfruttare, offendere, calpestare gli altri, che di contro ritengono di poco valore, di secondo ordine. I soggetti narcisistici sono generalmente auto-centrati, arroganti, egoisti, si sentono superiori e invidiati.

Ma quali conseguenze affronta chi entra in contatto con questi soggetti ? Cosa può comportare entrare in relazione con una persona che soffre di un quadro clinico importante come quello di un disturbo di personalità?

In America è stato introdotto un nuovo disturbo, la Sindrome da Abuso Narcisistico (Narcissistic Abuse Syndrome), anche se ancora non riconosciuto ufficialmente, che a parere dei professionisti del settore Salute Mentale mira a dare dignità e comprensione ad un quadro sintomatologico rilevabile in soggetti vittime di narcisisti e che non sono ascrivibili alle caratteristiche di personalità del soggetto stesso.

Può accadere che persone con una sana vita relazionale stabiliscano rapporti sentimentali con persone che mentono, manipolano, abusano al punto da provocare un livello di stress talmente elevato da attivare tutta una serie di conseguenze:

  • sentimenti di tristezza fino alla disperazione

  • stato di ipervigilanza con conseguente ansia e paura

  • cambiamenti d’umore repentini, con predisposizione all’irritabilità, rabbia, vergogna, sensi di colpa, autoaccusa

  • stati mentali di dubbio percettivo, negazione, incredulità

  • difficoltà di concentrazione, con conseguente derealizzazione

  • isolamento sociale

  • perdita di controllo in diverse aree (personale, familiare, lavorativa).

La sintomatologia descritta appare simile a quella riscontrabile nel Disturbo post Traumatico da Stress (che può prendere avvio dal vivere esperienze forti e sconvolgenti, come terremoti, incidenti mortali, guerre, violenze fisiche e sessuali), ciò che varia è la causa attivante il disturbo.

Nella Sindrome da Abuso Narcisistico è la relazione abusante a dare il via al quadro sintomatologico (non deriva da caratteristiche psicologiche preesistenti nella vittima), è sempre caratterizzata da una forma di dipendenza indotta dal soggetto abusante, soprattutto con caratteristiche di personalità narcisista o psicopatica.

Sempre in America, sono stati compiuti studi relativi alle modificazioni cerebrali determinate da relazioni di tipo narcisistico come fonte primaria di stress, al fine di avvalorare quanto emerso in clinica.

D’altronde lo stress, indipendentemente dalla causa, comporta modificazioni negative significative su corpo e mente, deteriorandoli e influendo sulla qualità di vita e sul futuro: lo stress cronico può modificare le dimensioni del cervello, le sue strutture, il suo funzionamento ed è in grado di modificare anche il patrimonio genetico. In particolare lo stress cronico influisce sull’aumento delle connessioni cerebrali della paura e dell’aumento del rilascio di cortisolo, con 2 conseguenze importanti: diminuzione dei segnali elettrici nell’ippocampo (sede di apprendimento, memoria, controllo allo stress) e perdita di connessioni sinaptiche tra i neuroni e contrazione della corteccia prefrontale (zona del cervello coinvolta in concentrazione, decisione, giudizio, interazione sociale).

Dunque, la relazione con un soggetto abusante, con un disturbo di personalità narcisistico, può lasciare segni importanti sulla psiche di una persona, segni che non vanno nascosti, sottaciuti, negati, ma ascoltati e valutati presso specialisti della salute mentale, al fine di intervenire tempestivamente con percorsi di psicoterapia efficaci che riescano a dare voce, accettazione, sostegno, aiuto concreto ai sorprusi subiti e nuova linfa vitale.

La Terapia Cognitivo Comportamentale

Negli ultimi tempi è sempre più diffusa la cultura del benessere psicologico, cioè la consapevolezza che non solo il corpo, ma anche la mente necessitano di attenzione, buone pratiche di gestione delle difficoltà e percorsi di sostegno e cura mirati ad affrontare problematiche che hanno un impatto importante sulla salute globale dell’individuo.

Quando ad una persona fa male una gamba va dal medico curante e successivamente dall’ortopedico; se si presentano problemi al petto si va dal cardiologo.Ma se le difficoltà si presentano a livello emotivo, a chi ci si rivolge? Al momento è assente nel SSN la figura dello psicologo di base, che sarebbe un professionista analogo al medico di base, anche se l’Ordine degli Psicologi è da anni che lavora a questo progetto.

L’alternative al momento disponibili sono il passaparola ed il web.La prima soluzione è praticabile da coloro che hanno superato il pregiudizio e la vergogna legata alla fragilità emotiva e che fa coincidere lo psicologo con lo “strizzacervelli che cura i matti” ed incontra i limiti della conoscenza sul territorio di questo specialista nella propria rete sociale.

La seconda soluzione apre un mondo sconosciuto: psicologi senza specializzazione, psicologi con master, psicologi psicoterapeuti, psicoterapeuti psichiatri….Ma a chi rivolgersi? Quale differenza esiste tra le differenti e numerose terapie? Quale farà al mio caso?

La vastità delle terapie presenti nel panorama psicologico e l’assenza di un referente autorevole in materia (come il medico di base) che possa accogliere la richiesta d’aiuto e veicolarla verso lo strumento (il tipo di approccio) maggiormente efficace per un determinato problema, rende alquanto difficoltoso poter accedere ad un percorso di cura ad hoc, o almeno ci introduce in un terreno misterioso dove non si è certi di aver effettuato la giusta scelta se non facendone esperienza diretta.La terapia cognitivo-comportamentale (TCC) è un tipo di approccio basato sulle teorie della mente attualmente più accreditate dalla comunità scientifica internazionale e si avvale di strumenti di modificazione comportamentale che si sono rivelati utili nel produrre cambiamenti significativi in diversi disturbi clinici.

La TCC costituisce il “gold standard”, ossia l’approccio terapeutico di maggior efficacia valutato con studi randomizzati e controllati, per tutti i Disturbi d’ansia (Disturbo di panico, Ansia sociale, Disturbo d’ansia generalizzata, Disturbi somatoformi, Fobie specifiche) e per i Disturbi dell’umore (Depressione, Distimia, Disturbo bipolare).

Le ultime evidenze di efficacia arrivano da ricercatori americani (David, Cristea e Hofmann 2018) i quali sostengono che la CBT (in Italiano TCC) è il trattamento gold standard che attualmente abbiamo a disposizione nel campo della psicoterapia per i seguenti motivi:

1) La CBT è la forma di psicoterapia che ha il maggior numero di studi che ne hanno valutato l’efficacia.

2) Nessuna altra forma di psicoterapia ha dimostrato di essere sistematicamente superiore alla CBT; se ci sono differenze sistematiche tra le psicoterapie, in genere favoriscono la CBT – si vedano per esempio i trial sulla bulimia nervosa, dove la CBT è risultata significativamente più efficace della psicoterapia psicoanalitica (Poulsen, et al., 2014) e della psicoterapia interpersonale (Fairburn, et al., 2015).

3) I modelli teorici e i meccanismi di cambiamento delle CBT sono stati i più studiati e sono in linea con gli attuali paradigmi tradizionali della mente e del comportamento umano (per es. il processamento delle informazioni).Pertanto, gli autori concludono che la CBT domina le linee guida internazionali per i trattamenti psicosociali, grazie al suo chiaro supporto derivato dalla ricerca, ed è il trattamento di prima linea per molti disturbi, come raccomandato dalle linee guida del National Institute for Health and Care Excellence e dell’American Psychological Association. Ciò nonostante gli autori sottolineano come, sebbene la CBT sia efficace, il lavoro di ricerca deve proseguire, perché alcuni pazienti non rispondono al trattamento oppure ricadono dopo un periodo di remissione sintomatologica.