E’ una delle condizioni cliniche più antiche della storia della civiltà, già al tempo di Ippocrate e negli scritti relativi a quell’epoca se ne ritrova traccia: l’ipocondria, attualmente denominata disturbo d’ansia per la salute.

Il termine antico deriva dalla denominazione greca della zona superiore dell’addome, luogo corporeo di grande importanza per la dottrina ippocratica degli ‘umori’, soprattutto in rapporto con il configurarsi della melancolia a cui l’ipocondria venne collegata.

Nel II secolo d.C. il vocabolo fu utilizzato proprio nell’ambito della dottrina relativa alla melancolia per designare, in particolare in Galeno, una vera e propria malattia, che venne definita hypochondriacum flatulentumque morbum. La concezione galenica si è sostanzialmente mantenuta fino al 19° secolo; ancora nel 1845, infatti, W. Griesinger, neurologo e psichiatra tedesco, riteneva gli stati ipocondriaci come forme minori e più lievi della follia, includendoli in tal modo nel concetto di stati depressivi psichici.

Emil Kraepelin nel 1896 suggerì una interessante distinzione tra hypochondria cum materia, ovvero con disturbi reali ma sopravvalutati, e hypochondria sine materia, ovvero senza alcuna basa oggettiva.

Per questo lungo periodo l’ipocondria è stata interpretata e concettualizzata in differenti modi, ma nell’essenza ha sempre indicato uno stato di profondo timore di aver contratto o di trovarsi in una condizione di grave malattia, di cui si avvertivano i segnali premonitori e di cui il medico sottostimava la portata, con la conseguenza di spingere la persona a cercare continuamente conferme o smentite attraverso consultatazioni mediche sempre più dettagliate.

Attualmente l’ipocondria ha mutato nome (Disturbo d’ansia per la salute) ma non sono cambiate le caratteristiche del disturbo in sé: la differente denominazione si è resa necessaria per allinearsi agli studi più recenti e aggiornati, che hanno individuato un carattere di continuità tra l’ipocondria e il funzionamento dei disturbi ansiosi.

Il soggetto che soffre di questo disturbo si automonitora, cioè si “ascolta” continuamente: ogni sensazione fisica viene indagata scrupolosamente, continuamente, attribuendo un significato catastrofico alle sensazioni percepite, collegandole a malattie gravi. A questo automonitoraggio seguono diversi comportamenti: la ricerca di conferme presso il medico di base, al quale vengono richieste visite continue, pareri, analisi sempre più invasive, esami di laboratorio, con conseguente aumento di richiesta di prescrizioni farmaceutiche, il più delle volte non necessarie, rassicurazioni su ogni sensazione rilevata, e di consultazioni specialistiche. Nonostante il focus medico così dettagliato, non si evince miglioramento o soluzione al dubbio sulla propria salute, tanto che tali soggetti hanno la tendenza a ricercare ossessivamente, in proprio, informazioni sulle malattie temute sui libri di medicina, navigando sui siti tematici, fino ad autodiagnosticarsi malattie e sindromi, generalmente molto gravi e con esiti fatali.

In genere tali soggetti arrivano a richiedere esami sempre più invasivi e costosi, gravando in misura considerevole sui costi del Sistema Sanitario; non solo, le conseguenze gravano anche sul sistema familiare ed amicale, attraverso la continua condivisione dei sintomi emersi e sul loro livello di gravità e attraverso la costante richiesta di rassicurazioni e supporto. Non ultimo, il costo personale in termini di sofferenza psicologica, di tempo investito in una ricerca senza fine, di stress legato alla visione di sé come vulnerabile ed incompreso, sia dalla propria rete sociale, sia dai rappresentanti del settore medico.

Attualmente, il trattamento cognitivo-comportamentale rappresenta il percorso di cura d’elezione del disturbo d’ansia per la salute, grazie alla concettualizzazione teorica e d’intervento proposta da un clinico  inglese, studioso della materia, il dott. P. Salkovskis, che negli anni 90, sulle ricerche effettuate, ha elaborato un modello di comprensione del disturbo basato sul funzionamento dei disturbi ansiosi.

Attraverso la concettualizzazione cognitiva del disturbo d’ansia per la salute, oggi è possibile intervenire ed ottenere buoni risultati di risoluzione della dinamica ansiosa, grazie ad un lavoro psicoterapico incentrato su: conoscenza del disturbo, rilevazione dei circoli viziosi che incrementano la gravità del disturbo in sé, i fattori di mantenimento che il soggetto mette in atto e che sostengono la dinamica nel tempo.


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