Festività natalizie. Quando la festa non è festa.

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Dottoressa, non va bene. Si avvicina Natale, in giro ci sono tante luci, tante persone che corrono di qua e di là, felici, tanti pacchetti, e regali e gran sorrisi, tutti belli, eleganti, con un gran da fare, …..e anche io ne avrei di cose da fare…tra un poco arrivano un po di parenti lontani, qualche dono lo dovrei preparare anche io,  ma……non me la sento. E poi, a parte che rimando sempre e il tempo mi sta sfuggendo tra le dita, è che non ne ho proprio voglia.

 

Dalle sue parole mi sembra di capire che non trova dentro di sé la voglia, il desiderio di essere presente e attiva in questo spirito natalizio che La circonda. E’ così?

 

Si.

 

Può spiegarmi meglio?

 

E’ che mi sembra che ciò che mi circonda sia falso, irreale, a momenti. In altri momenti penso che sono io quella sbagliata, quella triste in un mondo pieno di felicità. Ma, Dottoressa, di cosa dovrei essere felice? Lei conosce i miei guai, non riesco a venirne a capo. O almeno, in alcuni periodi va meglio, come in questi ultimi mesi, ma poi arrivano queste feste dove DEVI essere felice, tutti quelli con cui parli ti dicono di farti coraggio e di sorridere, ma come faccio, se dentro sto morendo? 

 

 

Quando una persona si trova in uno stato di sofferenza o fragilità, anche a fronte di condizioni cliniche conclamate, vive quotidianamente nel disagio, senza interruzione per feste e vacanze.

Nello specifico, Natale è per tutti la Festa, sia per i credenti che per gli non crede, in quanto occasione per stare in compagnia di persone care.

Eppure non per tutti è così, per differenti ragioni. Comune a queste persone è il vissuto di estraneità, di tristezza, di vuoto e disperazione che può derivare dal  confronto tra ciò che si sta vivendo e “la normale gioia che circonda il Natale”. E’ questo gap, questa differenza percepita soggettivamente, ritenuta abissale, che attiva o riattiva pensieri negativi automatici, che a loro volta mettono in moto circoli viziosi che sono alla base di un’escalation di sofferenza.

Riconoscere le proprie vulnerabilità e cercare un sostegno professionale è un buon punto di partenza per intervenire positivamente sulla propria salute mentale.

Lavorare su di sé, in termini di pensieri ed emozioni, sulle proprie credenze, sulle personali idiosincrasie è un dono che facciamo a noi stessi, all’insegna della autopromozione di una buona qualità di vita.

La Terapia Cognitivo Comportamentale

Negli ultimi tempi è sempre più diffusa la cultura del benessere psicologico, cioè la consapevolezza che non solo il corpo, ma anche la mente necessitano di attenzione, buone pratiche di gestione delle difficoltà e percorsi di sostegno e cura mirati ad affrontare problematiche che hanno un impatto importante sulla salute globale dell’individuo.

Quando ad una persona fa male una gamba va dal medico curante e successivamente dall’ortopedico; se si presentano problemi al petto si va dal cardiologo.Ma se le difficoltà si presentano a livello emotivo, a chi ci si rivolge? Al momento è assente nel SSN la figura dello psicologo di base, che sarebbe un professionista analogo al medico di base, anche se l’Ordine degli Psicologi è da anni che lavora a questo progetto.

L’alternative al momento disponibili sono il passaparola ed il web.La prima soluzione è praticabile da coloro che hanno superato il pregiudizio e la vergogna legata alla fragilità emotiva e che fa coincidere lo psicologo con lo “strizzacervelli che cura i matti” ed incontra i limiti della conoscenza sul territorio di questo specialista nella propria rete sociale.

La seconda soluzione apre un mondo sconosciuto: psicologi senza specializzazione, psicologi con master, psicologi psicoterapeuti, psicoterapeuti psichiatri….Ma a chi rivolgersi? Quale differenza esiste tra le differenti e numerose terapie? Quale farà al mio caso?

La vastità delle terapie presenti nel panorama psicologico e l’assenza di un referente autorevole in materia (come il medico di base) che possa accogliere la richiesta d’aiuto e veicolarla verso lo strumento (il tipo di approccio) maggiormente efficace per un determinato problema, rende alquanto difficoltoso poter accedere ad un percorso di cura ad hoc, o almeno ci introduce in un terreno misterioso dove non si è certi di aver effettuato la giusta scelta se non facendone esperienza diretta.La terapia cognitivo-comportamentale (TCC) è un tipo di approccio basato sulle teorie della mente attualmente più accreditate dalla comunità scientifica internazionale e si avvale di strumenti di modificazione comportamentale che si sono rivelati utili nel produrre cambiamenti significativi in diversi disturbi clinici.

La TCC costituisce il “gold standard”, ossia l’approccio terapeutico di maggior efficacia valutato con studi randomizzati e controllati, per tutti i Disturbi d’ansia (Disturbo di panico, Ansia sociale, Disturbo d’ansia generalizzata, Disturbi somatoformi, Fobie specifiche) e per i Disturbi dell’umore (Depressione, Distimia, Disturbo bipolare).

Le ultime evidenze di efficacia arrivano da ricercatori americani (David, Cristea e Hofmann 2018) i quali sostengono che la CBT (in Italiano TCC) è il trattamento gold standard che attualmente abbiamo a disposizione nel campo della psicoterapia per i seguenti motivi:

1) La CBT è la forma di psicoterapia che ha il maggior numero di studi che ne hanno valutato l’efficacia.

2) Nessuna altra forma di psicoterapia ha dimostrato di essere sistematicamente superiore alla CBT; se ci sono differenze sistematiche tra le psicoterapie, in genere favoriscono la CBT – si vedano per esempio i trial sulla bulimia nervosa, dove la CBT è risultata significativamente più efficace della psicoterapia psicoanalitica (Poulsen, et al., 2014) e della psicoterapia interpersonale (Fairburn, et al., 2015).

3) I modelli teorici e i meccanismi di cambiamento delle CBT sono stati i più studiati e sono in linea con gli attuali paradigmi tradizionali della mente e del comportamento umano (per es. il processamento delle informazioni).Pertanto, gli autori concludono che la CBT domina le linee guida internazionali per i trattamenti psicosociali, grazie al suo chiaro supporto derivato dalla ricerca, ed è il trattamento di prima linea per molti disturbi, come raccomandato dalle linee guida del National Institute for Health and Care Excellence e dell’American Psychological Association. Ciò nonostante gli autori sottolineano come, sebbene la CBT sia efficace, il lavoro di ricerca deve proseguire, perché alcuni pazienti non rispondono al trattamento oppure ricadono dopo un periodo di remissione sintomatologica.